In questa ventiduesima domenica del Tempo Ordinario, dopo la parentesi della lettura del capitolo sesto del Vangelo di Giovanni, riprendiamo ad ascoltare il Vangelo di Marco.
Il brano di oggi (capitolo 7, versetti 1-23) può essere diviso in due parti.

Nella prima parte Gesù rivolge una critica severa ai farisei e agli scribi – persone molto religiose solo all’apparenza – per le loro pratiche di purificazione rituale. Erano convinti di poter acquistare la purezza interiore lavandosi le mani, lavando i bicchieri, le stoviglie e tutto quello con cui entravano in contatto. Ma il gesto esteriore non può sostituirsi all’impegno interiore della coscienza.

Nella seconda parte Gesù parla del «cuore» che nella Bibbia indica la coscienza, le decisioni fondamentali che devono nascere nell’intimo dell’uomo. Il Maestro si rifa al profeta Isaia e alle sue parole di condanna verso l’esteriorità del culto senza un’intima ricerca di Dio e della sua volontà: «Questo popolo mi onora con le labbra, ma il loro cuore è lontano da me». Un richiamo che vale anche per noi: un culto esteriore, la ripetizione di preghiere per abitudine non conta niente se la nostra coscienza non cerca il Signore.
Inoltre Gesù afferma chiaramente che «Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a  renderlo impuro». Elenca quindi un numero simbolico di azioni, dodici, che nascono dall’interno dell’uomo, dal cuore appunto, e che sono moralmente cattive e lo rendono davvero impuro: «impurità, furti, omicidi, adulteri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza».

Infine Gesù parla del «comandamento di Dio» e delle «tradizioni degli uomini». C’è un rigido tradizionalismo, una religiosità più pagana che cristiana capace di sostituirsi al comandamento dell’amore che riassume tutto l’insegnamento di Gesù. Basta riflettere un po’ per capire come, spesso, anche coloro che si definiscono cristiani sono più legati a certe pratiche religiose che all’amore verso il prossimo. È certamente un pericolo dal quale dobbiamo guardarci. Gesù ci richiama costantemente al Vangelo e a una adesione libera e convinta alla sua parola.

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